Tratto da Clinical Evidence, 3a edizione
italiana
Neurologia
Demenza
Data della ricerca: ottobre 2002
Quesiti clinici
Interventi
Messaggi Chiave
- I soggetti esaminati negli studi randomizzati sulla demenza spesso
non costituiscono campioni rappresentativi dei pazienti che si
incontrano nella pratica medica di routine. Sono pochi gli studi
condotti nell’ambito dell’assistenza di base o in soggetti con forme di
demenza diverse dalla malattia di Alzheimer.
- Sintomi cognitivi
- Donepezil Una revisione sistematica e 2 studi randomizzati
successivi hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer di
grado lieve o moderato il donepezil migliora la funzione cognitiva e
il quadro clinico globale a 52 settimane rispetto a placebo. La
revisione non ha rilevato differenze significative tra donepezil e
placebo nella qualità della vita a 12-24 settimane. Uno studio
randomizzato in soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve o
moderato non ha rilevato differenze significative tra donepezil e
rivastigmina in termini di funzione cognitiva a 12 settimane, ma il
trattamento con donepezil ha probabilità significativamente minori di
venire sospeso.
- Estrogeni Una revisione sistematica ha trovato che in donne
con malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato la terapia
ormonale sostitutiva migliora la funzione cognitiva dopo 7-12 mesi
rispetto a nessuna terapia ormonale.
- Farmaci antinfiammatori non steroidei Uno studio
randomizzato in soggetti con malattia di Alzheimer non ha rilevato
differenze significative tra placebo e associazione di diclofenac e
misoprostolo in termini di funzione cognitiva dopo 25 settimane di
trattamento. Un altro studio randomizzato ha trovato che in soggetti
con malattia di Alzheimer l’indometacina migliora la funzione
cognitiva dopo 6 mesi di trattamento rispetto a placebo.
- Fisostigmina Una revisione sistematica ha trovato prove
limitate che in soggetti con malattia di Alzheimer la fisostigmina a
lento rilascio migliori la funzione cognitiva rispetto a placebo, ma
con frequenti effetti avversi quali nausea, vomito, diarrea, capogiri
e gastralgie.
- Galantamina Una revisione sistematica e uno studio
randomizzato hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer o
demenza vascolare la galantamina migliora la funzione cognitiva
rispetto a placebo.
- Ginkgo biloba Studi randomizzati hanno trovato prove
limitate che in soggetti con malattia di Alzheimer l’uso di ginkgo
biloba migliori la funzione cognitiva rispetto a placebo.
- Lecitina Studi randomizzati di piccole dimensioni e di
scarsa qualità metodologica identificati da una revisione sistematica
non hanno fornito prove sufficienti sugli effetti della lecitina in
soggetti con malattia di Alzheimer.
- Musicoterapia Studi randomizzati di scarsa qualità
metodologica identificati da una revisione sistematica non hanno
fornito prove sufficienti sugli effetti della musicoterapia.
- Nicotina Una revisione sistematica non ha trovato studi
randomizzati di qualità metodologica adeguata sugli effetti della
nicotina.
- Orientamento alla realtà Una revisione sistematica di
piccoli studi randomizzati ha trovato che in soggetti con varie forme
di demenza la terapia di orientamento alla realtà migliora la funzione
cognitiva rispetto a nessun trattamento.
- Rivastigmina Una revisione sistematica e uno studio
randomizzato hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer o
demenza da corpi di Lewy la rivastigmina migliora la funzione
cognitiva rispetto a placebo ma è spesso associata a effetti avversi
quali nausea, vomito e anoressia. Un’analisi di sottogruppo in uno
studio randomizzato ha trovato che la risposta al trattamento con
rivastigmina può essere maggiore in soggetti con malattia di Alzheimer
che presentano fattori di rischio vascolare. Uno studio randomizzato
in soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato non ha
rilevato differenze significative tra donepezil e rivastigmina in
termini di funzione cognitiva a 12 settimane, ma il trattamento con
rivastigmina ha probabilità significativamente maggiori di venire
sospeso.
- Selegilina Una revisione sistematica ha trovato che in
soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato la
selegilina migliora la funzione cognitiva, i disturbi del
comportamento e l’umore, ma non ha effetti significativi sul quadro
clinico globale rispetto a placebo.
- Tacrina Revisioni sistematiche hanno trovato prove limitate
che in soggetti con malattia di Alzheimer la tacrina migliori la
funzione cognitiva e le condizioni generali rispetto a placebo, ma con
frequenti effetti avversi quali nausea, vomito, diarrea, anoressia e
dolori addominali.
- Terapia di reminiscenza Una revisione sistematica non ha
trovato prove sufficienti sugli effetti della terapia di reminiscenza.
- Vitamina E Uno studio randomizzato in soggetti con malattia
di Alzheimer ha trovato che rispetto a placebo la vitamina E non ha
effetti significativi sulla funzione cognitiva dopo 2 anni di
trattamento ma riduce la mortalità, il tasso di ospedalizzazione, la
perdita della capacità di svolgere le normali attività e il numero di
soggetti che sviluppano demenza grave.
- Sintomi comportamentali e psichiatrici
- Aloperidolo Una revisione sistematica in soggetti con varie
forme di demenza ha trovato che rispetto a placebo l’aloperidolo non
ha effetti significativi sull’agitazione ma può ridurre
l’aggressività.
- Anticolinesterasici Uno studio randomizzato in soggetti con
malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato non ha rilevato
differenze significative tra galantamina e placebo nei sintomi
psichiatrici a 3 mesi; un altro studio randomizzato ha invece trovato
che la galantamina migliora significativamente i sintomi psichiatrici
a 6 mesi rispetto a placebo. Uno studio randomizzato ha trovato che in
soggetti con malattia di Alzheimer di grado moderato o grave il
donepezil migliora significativamente i sintomi funzionali e
comportamentali a 24 settimane rispetto a placebo, mentre un altro
studio randomizzato in soggetti con malattia di grado lieve o moderato
non ha rilevato differenze significative tra donepezil e placebo nei
sintomi psichiatrici a 24 settimane.
- Carbamazepina Uno studio randomizzato ha trovato che in
soggetti con varie forme di demenza la carbamazepina riduce
l’agitazione e l’aggressività rispetto a placebo.
- Olanzapina Uno studio randomizzato ha trovato che in
soggetti con malattia di Alzheimer l’olanzapina (5-10 mg al giorno)
riduce l’agitazione, le allucinazioni e i deliri rispetto a placebo.
- Risperidone Uno studio randomizzato in soggetti con demenza
di grado moderato o grave (tra cui pazienti con malattia di Alzheimer
o demenza vascolare) ha trovato che il risperidone migliora
significativamente i sintomi comportamentali e psichiatrici a 12
settimane rispetto a placebo. Un altro studio randomizzato in soggetti
con grave demenza e agitazione non ha invece rilevato differenze
significative tra risperidone e placebo nei sintomi a 13 settimane.
- Sodio valproato Uno studio randomizzato ha trovato che in
soggetti con demenza il sodio valproato riduce l’agitazione a 6
settimane rispetto a placebo. Un altro studio randomizzato non ha
invece rilevato differenze significative tra sodio valproato e placebo
in termini di effetti sull’aggressività dopo 8 settimane.
- Terapia di orientamento alla realtà Una revisione
sistematica di piccoli studi randomizzati ha trovato che in soggetti
con varie forme di demenza la terapia di orientamento alla realtà
migliora significativamente i sintomi comportamentali rispetto a
nessun trattamento.
- Trazodone Uno studio randomizzato non ha rilevato
differenze significative fra trazodone e aloperidolo in termini di
riduzione dell’agitazione. Un altro studio randomizzato in soggetti
con malattia di Alzheimer e comportamento agitato non ha rilevato
differenze significative negli effetti sull’agitazione fra trazodone,
aloperidolo, tecniche di gestione del comportamento e placebo. E’
possibile che gli studi fossero troppo piccoli per escludere
l’esistenza di differenze clinicamente
rilevanti.
Definizione
La demenza è caratterizzata da una compromissione
generale, cronica e non reversibile delle funzioni cerebrali. Di solito si
manifesta con perdita di memoria (inizialmente per eventi recenti),
perdita di funzioni esecutive (capacità di prendere decisioni o eseguire
compiti con sequenze complesse) e cambiamento di personalità. La
malattia di Alzheimer è una forma di demenza caratterizzata da
esordio subdolo e lento deterioramento, con alterazione della personalità
e compromissione delle funzioni verbali, motorie ed esecutive; dovrebbe
essere diagnosticata dopo che altre cause sistemiche, psichiatriche o
neurologiche di demenza sono state escluse su base clinica e strumentale.
La demenza vascolare (demenza multinfartuale) si manifesta con un
progressivo deterioramento delle funzioni esecutive, con o senza
disfunzioni del linguaggio e motorie, causato dall’occlusione di arterie
cerebrali. E’ in genere associata alla presenza di fattori di rischio
vascolare (diabete, ipertensione, fumo). Tipicamente ha un esordio più
brusco e un decorso meno lineare rispetto alla malattia di Alzheimer.
La demenza da corpi di Lewy si presenta come una compromissione
delle funzioni esecutive a esordio insidioso, con parkinsonismo,
allucinazioni visive e fluttuazioni delle capacità cognitive, associata a
un aumentato rischio di cadute e di disfunzioni autonomiche.1,2 L’attenta valutazione clinica dei soggetti con
demenza lieve o moderata e l’uso di criteri diagnostici definiti hanno un
valore predittivo positivo del 70-90% rispetto alla diagnosi post
mortem.3,4
Incidenza e prevalenza
Circa il 6% degli individui con più di 65 anni e il 30% di
quelli con più di 90 anni soffrono di una forma di demenza.5 La demenza è rara prima dei 60 anni. Si stima che la
malattia di Alzheimer e la demenza vascolare (incluse le forme miste)
siano responsabili ciascuna del 35-50% dei casi, mentre nei soggetti più
anziani fino al 20% dei casi sono dovuti a demenza da corpi di Lewy, con
percentuali che variano in funzione di fattori geografici, culturali ed
etnici.1,5-10 Studi epidemiologici condotti sulla
popolazione anziana (65-84 anni) mostrano che in Italia i valori medi
dell’incidenza annuale di demenza sono simili a quelli osservati in altri
paesi industrializzati: 12,4 per 1.000 per la demenza (150.000 nuovi casi
attesi per anno), 6,5 per 1.000 per la malattia di Alzheimer e 3,3 per
1.000 per la demenza vascolare.11 La prevalenza
globale è più alta nelle femmine (7,2%) che nei maschi (5,3%)12,13 e aumenta con l’età (dall’1,1% tra i 65 e i 69
anni al 34,8% tra i 90 e i 96 anni). I valori più elevati di prevalenza si
riscontrano nelle fasce di popolazione con bassi livelli di
istruzione.14,15 La causa più frequente di demenza
è la malattia di Alzheimer (dal 43 al 64% dei casi nei diversi studi).12,14,15
Eziologia e fattori di rischio
Malattia di Alzheimer: le cause della malattia di
Alzheimer sono poco chiare. La deposizione di amiloide anomala nel sistema
nervoso centrale è considerata uno dei meccanismi patologici
principali.16 Nella maggior parte dei casi di
demenza a esordio precoce (prima dei 60 anni) è presente un’ereditarietà
autosomica dominante legata a mutazioni dei geni che codificano per la
presenelina o il precursore dell’amiloide. Sono stati identificati diversi
geni (APP, PS-1 e PS-2). A volte la demenza a esordio
tardivo è a carattere familiare, ma non sono state individuate mutazioni
specifiche. Traumi cranici, sindrome di Down e basso livello intellettivo
premorboso possono essere fattori di rischio per la malattia di Alzheimer.
Demenza vascolare: la demenza vascolare è correlata a fattori di
rischio cardiovascolare, come il fumo, l'ipertensione e il diabete.
Demenza da corpi di Lewy: l’eziologia della demenza da corpi di
Lewy è sconosciuta. I livelli cerebrali di acetilcolina sono ridotti in
molte forme di demenza e l’entità di tale diminuzione è correlata al grado
di compromissione cognitiva. Molti trattamenti per la malattia di
Alzheimer aumentano l’attività colinergica.1,6
Prognosi
Malattia di Alzheimer: di solito la malattia di
Alzheimer ha un esordio insidioso, con un progressivo deterioramento delle
funzioni cerebrali; nelle fasi iniziali la diagnosi è spesso difficile.
L’aspettativa media di vita dopo la diagnosi è di 7-10 anni.10 Demenza da corpi di Lewy: per i soggetti con
demenza da corpi di Lewy l'aspettativa di vita dopo la diagnosi è di
circa 6 anni.5 Disturbi comportamentali,
depressione e sintomi psicotici sono frequenti in tutte le forme di
demenza.17,18 Nelle fasi più avanzate molti dei
soggetti affetti da demenza trovano difficile eseguire senza aiuto anche
compiti semplici.
Finalità dell'intervento
Migliorare le funzioni cognitive (memoria, orientamento,
attenzione e concentrazione); ridurre i disturbi comportamentali e
psicologici (vagabondaggio afinalistico, aggressività, ansia, depressione
e psicosi); migliorare la qualità della vita dei pazienti e di chi si
prende cura di loro, con minimi effetti avversi.
Esiti
Sintomi cognitivi e valutazione del funzionamento
globale: qualità della vita dei pazienti e di coloro che li assistono
(parametro usato raramente negli studi clinici). Scale di valutazione
globale della funzione cognitiva, come la sottoscala cognitiva della
Alzheimer’s Disease Assessment Scale (ADAS-cog), scala a 70 punti in cui
punteggi più bassi indicano un miglioramento della funzione;19 la Mini Mental State Examination (MMSE), scala a 30
punti in cui un miglioramento della funzione corrisponde a punteggi più
alti;20 la Clinical Dementia Rating Scale, scala a
3 punti che valuta 6 parametri funzionali e cognitivi, punteggi più alti
indicano un peggioramento della funzione;21
Alzheimer's Disease Functional Assessment and Change Scale, scala a 7
punti in cui punteggi più alti indicano un peggioramento della
funzione.21 L’ADAS-cog è più sensibile della MMSE,
ma nessuna delle 2 scale riflette direttamente esiti rilevanti per i
soggetti affetti da demenza o per le persone che si prendono cura di loro.
Un cambiamento di 7 punti nell'ADAS-cog può essere interpretato come
clinicamente importante. Misure di valutazione dello stato generale,
mediante una scala che tiene conto della percezione di un cambiamento
clinico rilevato intervistando la persona che si prende cura del paziente
(Clinician’s Interview Based Impression of Change-Plus, 7 punti).
Sintomi comportamentali e psichiatrici: misure dei sintomi
psichiatrici (Neuropsychiatric Inventory, scala a 12 item con parametri
valutati dalle persone che si prendono cura dei pazienti, punteggio
massimo 144, punteggi più alti indicano la presenza di problemi maggiori;
Dementia Mood Assessment Scale e Brief Psychiatric Rating Scale, in
cui punteggi più bassi indicano un miglioramento dei sintomi; Behave-AD
Scale, con punteggi da 0 a 75, in cui punteggi più bassi indicano un
miglioramento della funzione). Periodo di tempo fino all'ospedalizzazione
o alla morte (raramente riportato a causa della breve durata della maggior
parte degli studi).21 Le misure funzionali
includono la Disability Assessment for Dementia, una scala a 40 item che
valuta 10 aspetti,22 e la Instrumental Activities
of Daily Living Scale, con un punteggio massimo di 14 (punteggi più alti
indicano un miglior funzionamento).23
Ricerca delle fonti
La ricerca bibliografica e la valutazione della qualità
metodologica degli studi sono state realizzate e aggiornate da
Clinical Evidence a ottobre 2002. Nella demenza in genere si
distinguono 2 gruppi di sintomi, cognitivi e non cognitivi
(comportamentali e psichiatrici). Abbiamo considerato separatamente le
prove esistenti su questi 2 gruppi di sintomi, che sono spesso oggetto di
interventi terapeutici in differenti fasi di malattia e che sono stati
studiati in maniera indipendente da molti degli studi randomizzati
disponibili. In molti studi ai dati mancanti si ovviava riportando le
“ultime osservazioni condotte”, trascurando la tendenza al deterioramento
nel tempo dei soggetti affetti da demenza; è quindi possibile che questi
studi abbiano sovrastimato gli effetti positivi degli interventi,
soprattutto nei casi in cui i tassi di abbandono nei gruppi in trattamento
attivo erano più alti di quelli nei gruppi di controllo. Abbiamo trovato
pochi studi randomizzati in soggetti con forme di demenza diverse dalla
malattia di Alzheimer.
Quesito
Quali sono gli effetti dei trattamenti sulla funzione
cognitiva?
Interventi
Donepezil
Una revisione sistematica e 2 studi randomizzati
successivi hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer di
grado lieve o moderato il donepezil migliorava la funzione cognitiva e il
quadro clinico globale per periodi fino a 52 settimane rispetto a placebo.
La revisione non ha rilevato differenze significative tra donepezil e
placebo nella qualità della vita a 12-24 settimane. Uno studio
randomizzato in soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve o
moderato non ha rilevato differenze significative tra donepezil e
rivastigmina in termini di funzione cognitiva a 12 settimane, ma un minor
numero di soggetti in trattamento con donepezil aveva abbandonato lo
studio per qualsiasi causa.
Effetti positivi Donepezil vs
placebo: Abbiamo trovato una revisione sistematica24 e 2 studi randomizzati successivi in soggetti con
malattia di Alzheimer [vedi il commento dell'intervento
«Donepezil»].25,26 La revisione (data della
ricerca 2000) ha identificato 8 studi randomizzati (durata 12, 24 e 52
settimane, 2.664 soggetti con malattia di Alzheimer lieve o moderata) che
hanno confrontato donepezil e placebo; per la valutazione dei risultati, 5
hanno usato la sottoscala cognitiva della Alzheimer’s Disease Assessment
Scale (ADAS-cog) o la Clinician’s Interview Based Impression of
Change-Plus (CIBIC-Plus). La revisione ha trovato che il donepezil (10 mg
al giorno) migliorava significativamente la funzione cognitiva (in base ai
punteggi sulla ADAS-cog) a 12 e 24 settimane [vedi Tabella 1:
Effetti di donepezil, rivastigmina, galantamina e gingko biloba sulla
funzione cognitiva rispetto a placebo] e il quadro clinico globale a
24 settimane (punteggio sulla CIBIC-Plus invariato o peggiorato, 5 studi,
799 soggetti: 295/390 con donepezil, 76%, vs 356/409 con placebo,
87%; odds ratio per miglioramento del punteggio sulla CIBIC-Plus 2,1,
limiti di confidenza al 95% da 1,3 a 3,6), ma non ha rilevato differenze
significative tra donepezil e placebo in termini di qualità della vita
valutata dai pazienti a 12 o 24 settimane (a 24 settimane: differenza
media pesata +2,79, limiti di confidenza al 95% da -2,56 a +8,14).24 Un’estensione non in cieco di uno degli studi
identificati dalla revisione ha seguito per periodi fino a 240 settimane
133 soggetti in trattamento con donepezil (3-10 mg al giorno). L’uso del
farmaco era associato alla presenza per 38 settimane di un miglioramento
della funzione cognitiva rispetto alle condizioni di partenza; nel corso
dell’intero periodo di osservazione la funzione cognitiva rimaneva
comunque a livelli superiori rispetto a quelli attesi nel caso di mancato
trattamento.27 Il primo studio successivo (24
settimane, 290 soggetti con malattia di Alzheimer più grave, età 48-92
anni, punteggio sulla Mini Mental State Examination, MMSE, da 5 a 17) ha
trovato che il donepezil (5-10 mg al giorno) migliorava
significativamente i punteggi sulla CIBIC-Plus a 24 settimane rispetto a
placebo (differenza media 0,54, limiti di confidenza al 95% non riportati,
risultati presentati graficamente; numero di casi da trattare per un
miglioramento o nessun cambiamento sulla CIBIC-Plus 5, limiti di
confidenza al 95% da 4 a 10).25 Il secondo studio
successivo (431 soggetti con malattia di Alzheimer lieve o moderata, età
49-94 anni, punteggio sulla MMSE da 12 a 20) ha confrontato donepezil
(10 mg al giorno) e placebo per un anno. Lo studio ha trovato che il
donepezil ritardava di 5 mesi il tempo mediano a un “declino funzionale
clinicamente evidente” (mediana 357 giorni con donepezil vs 208 con
placebo; limiti di confidenza non riportati). Dopo un anno un numero
significativamente maggiore di soggetti trattati con donepezil non
presentava un simile declino (assenza di declino funzionale clinicamente
evidente, 123/207 con donepezil, 59%, vs 92/208 con placebo, 44%;
numero di casi da trattare 7, limiti di confidenza al 95% da 5 a 17).26 Donepezil vs rivastigmina: Abbiamo
trovato uno studio randomizzato (non in cieco, 111 soggetti con malattia
di Alzheimer lieve o moderata, punteggio sulla MMSE da 10 a 26) che ha
confrontato donepezil (5-10 mg al giorno) e rivastigmina (1,5-6 mg 2 volte
al giorno).28 Lo studio non ha rilevato differenze
significative nella funzione cognitiva a 12 settimane (valutata da medici
in cieco rispetto all’intervento; differenza media nei punteggi sulla
ADAS-cog -0,15, limiti di confidenza al 95% da -1,47 a +1,71).
Effetti negativi Gli effetti avversi
comuni a tutti gli inibitori delle colinesterasi includono anoressia,
nausea, vomito e diarrea. Donepezil vs placebo: Gli
studi identificati dalla revisione hanno trovato che l’uso di donepezil
era associato a nausea, vomito e diarrea, ma questi effetti erano
tendenzialmente lievi e transitori.24 Non si sono
osservate differenze nel numero di soggetti che sospendevano il
trattamento per qualsiasi causa (27% con donepezil 10 mg vs 20% con
5 mg vs 21% con placebo). Follow up a lungo termine di
soggetti in terapia con donepezil (<10 mg; estensione non in cieco)
hanno riscontrato effetti avversi, che nella maggior parte dei casi si
manifestavano nelle fasi più avanzate del periodo di osservazione,
nell'86% dei pazienti trattati; i più frequenti comprendevano agitazione
(24%), dolori (20%), insonnia (11%) e diarrea (9%).27 Il primo studio successivo non ha rilevato
differenze significative tra donepezil e placebo nel numero di soggetti
con effetti avversi di qualsiasi tipo in un periodo di 24 settimane
(120/144, 83%, vs 117/146, 80%; rischio relativo 1,04, limiti di
confidenza al 95% da 0,93 a 1,16).25
Donepezil vs rivastigmina: Lo studio ha riportato che un
numero inferiore di soggetti trattati con donepezil aveva presentato
almeno un effetto avverso, ma le differenze non erano significative (24/56
con donepezil, 43%, vs 32/55 con rivastigmina, 58%; rischio
relativo 0,74, limiti di confidenza al 95% da 0,51 a 1,07). Un numero
significativamente minore di soggetti in terapia con donepezil aveva
abbandonato lo studio per qualsiasi causa (6/56, 11%, vs 17/55 con
rivastigmina, 31%; rischio relativo di abbandono 0,35, limiti di
confidenza al 95% da 0,15 a 0,81; numero di casi per vedere un effetto
avverso 5, limiti di confidenza al 95% da 3 a 20).28
Commento Nel secondo studio successivo il
“declino funzionale clinicamente evidente” veniva definito come una
diminuzione di almeno un punto sulla Alzheimer’s Disease Functional
Assessment and Change Scale o un aumento di almeno un punto sulla Clinical
Dementia Rating Scale.26 Il donepezil viene
assunto una volta al giorno, e in soggetti affetti da demenza ciò
costituisce un potenziale vantaggio rispetto ad altri inibitori delle
colinesterasi. I miglioramenti in genere si verificano entro 2-4 mesi
dall’inizio del trattamento. Gli studi non in cieco dovrebbero essere
interpretati con cautela, ma indicano che gli effetti di un trattamento
continuato persistono a lungo termine.27 Non
abbiamo trovato studi randomizzati sugli effetti del donepezil in soggetti
con demenza da corpi di Lewy o vascolare.
Galantamina
Una revisione sistematica e uno studio randomizzato
hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer o demenza
vascolare la galantamina migliorava la funzione cognitiva rispetto a
placebo.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica29 (data della ricerca 2002,
7 studi randomizzati) in soggetti con malattia di Alzheimer lieve o
moderata e uno studio randomizzato30 in soggetti
con demenza vascolare [vedi il commento dell'intervento
«Galantamina»]. La revisione ha trovato che rispetto a placebo la
galantamina (12 o 16 mg 2 volte al giorno) migliorava significativamente
la funzione cognitiva (valutata usando la sottoscala cognitiva della
Alzheimer’s Disease Assessment Scale, ADAS-cog) e il quadro clinico
globale in un periodo di 6 mesi (punteggio sulla Clinician’s Interview
Based Impression of Change, CIBIC-Plus, invariato o migliorato; 3 studi:
339/508 con galantamina 12 mg, 67%, vs 286/567 con placebo,
50%; odds ratio per miglioramento del punteggio sulla CIBIC-Plus 2, limiti
di confidenza al 95% da 1,5 a 2,5; 3 studi: 233/459 con galantamina
16 mg, 51%, vs 212/568 con placebo, 37%; odds ratio per
miglioramento del punteggio sulla CIBIC-Plus 1,9, limiti di confidenza al
95% da 1,4 a 2,5) [vedi Tabella 1: Effetti di donepezil,
rivastigmina, galantamina e gingko biloba sulla funzione cognitiva
rispetto a placebo]. Lo studio non incluso nella revisione (592
soggetti con demenza vascolare o malattia di Alzheimer associata a danni
vascolari) ha confrontato galantamina (24 mg al giorno, 396 soggetti)
e placebo (196 soggetti). Dopo 6 mesi la galantamina migliorava
significativamente la funzione cognitiva rispetto alle condizioni di
partenza (miglioramento di 4 punti sulla ADAS-cog, 35% con galantamina
vs 22% con placebo; numero di casi da trattare 8, limiti di
confidenza al 95% da 5 a 17) e il quadro clinico globale (punteggio sulla
CIBIC invariato o migliorato, 74% con galantamina vs 59% con
placebo; numero di casi da trattare per “nessun deterioramento” 7, limiti
di confidenza al 95% da 5 a 15).30
Effetti negativi Gli effetti avversi
comuni a tutti gli inibitori delle colinesterasi includono anoressia,
nausea, vomito e diarrea. La revisione ha trovato che in un periodo di 6
mesi la galantamina ad alte dosi era associata a più frequenti effetti
avversi, tra i quali nausea (42% con galantamina 16 mg vs 25% con
placebo) e vomito (21% vs 7%), e a un maggior numero di soggetti
che sospendevano il trattamento a causa di effetti avversi (27% con
galantamina 16 mg vs 15% con galantamina 12 mg vs 8%
con placebo).29 Lo studio non incluso nella
revisione ha riportato che un maggior numero di soggetti trattati con
galantamina aveva abbandonato lo studio a causa di effetti avversi
rispetto a placebo (20% con galantamina vs 8% con placebo).30
Commento Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti della galantamina in soggetti con demenza da
corpi di Lewy.
Rivastigmina
Una revisione sistematica e uno studio randomizzato
hanno trovato che in soggetti con malattia di Alzheimer o demenza da corpi
di Lewy la rivastigmina migliorava la funzione cognitiva rispetto a
placebo, ma con frequenti effetti avversi quali nausea, vomito e
anoressia. Un’analisi di sottogruppo in uno studio randomizzato ha trovato
che la risposta al trattamento con rivastigmina poteva essere maggiore in
soggetti con malattia di Alzheimer che presentavano fattori di rischio
vascolare. Uno studio randomizzato in soggetti con malattia di Alzheimer
di grado lieve o moderato non ha rilevato differenze significative tra
donepezil e rivastigmina in termini di funzione cognitiva a 12 settimane,
ma il numero dei soggetti trattati con rivastigmina che avevano
abbandonato lo studio per qualsiasi causa era significativamente
maggiore.
Effetti positivi Rivastigmina
vs placebo: Abbiamo trovato una revisione sistematica31 (data della ricerca 2000, 4 studi randomizzati,
durata 12 o 26 settimane, 3.370 soggetti con malattia di Alzheimer lieve o
moderata) [vedi Tabella 1: Effetti di donepezil, rivastigmina,
galantamina e gingko biloba sulla funzione cognitiva rispetto a
placebo] e uno studio randomizzato32 in
soggetti con demenza da corpi di Lewy [vedi il commento
dell'intervento «Rivastigmina»]. La revisione ha trovato che la
rivastigmina (6-12 mg 2 volte al giorno) in un periodo di 26 settimane
induceva rispetto a placebo miglioramenti modesti ma significativi della
funzione cognitiva (sottoscala cognitiva della Alzheimer’s Disease
Assessment Scale, ADAS-cog, 4 studi, 1.917 soggetti: differenza media
pesata -2,1, limiti di confidenza al 95% da -2,7 a -1,5; Mini Mental State
Examination: differenza media pesata 0,8, limiti di confidenza al 95% da
0,5 a 1,1) e del quadro clinico globale (punteggio sulla Clinician’s
Interview Based Impression of Change, CIBIC, non modificato o peggiorato,
4 studi: 715/973, 73%, vs 675/839 con placebo, 80%; odds ratio per
miglioramento del punteggio sulla CIBIC 1,5, limiti di confidenza al 95%
da 1,2 a 1,8). Non sono stati riportati dati sulla qualità della vita.31 Un’analisi di sottogruppo in uno studio randomizzato
identificato dalla revisione (699 soggetti con malattia di Alzheimer), che
ha confrontato rivastigmina (1-4 mg o 6-12 mg al giorno) e
placebo per 26 settimane, ha riscontrato che i soggetti con fattori di
rischio vascolare rispondevano al trattamento meglio dei soggetti che non
presentavano tali fattori (differenza media sulla ADAS-cog -2,3).33 Lo studio non incluso nella revisione (120 soggetti
con demenza da corpi di Lewy) ha trovato che a 20 settimane la
rivastigmina (6 mg 2 volte al giorno) rispetto a placebo migliorava
significativamente una misura psicometrica computerizzata della funzione
cognitiva (analisi condotta secondo il principio dell’intenzione al
trattamento, P=0,05; non sono stati riportati altri dati) e migliorava una
misura globale della funzione comportamentale (numero di casi da trattare
per un miglioramento di almeno il 30% del punteggio sul Neuropsychiatric
Inventory 3, limiti di confidenza al 95% da 2 a 6).32 Rivastigmina vs donepezil: Abbiamo
trovato uno studio randomizzato di confronto tra rivastigmina e
donepezil [vedi gli effetti positivi dell'intervento
«Donepezil»].28
Effetti negativi Gli effetti avversi
comuni a tutti gli inibitori delle colinesterasi includono anoressia,
nausea, vomito e diarrea. La revisione ha trovato che un numero maggiore
di soggetti in terapia con rivastigmina aveva sospeso il trattamento (35%
con rivastigmina 6-12 mg vs 18% con rivastigmina 1-4 mg
vs 17% con placebo).31 Lo studio non
incluso nella revisione ha trovato che i soggetti trattati con
rivastigmina presentavano con maggiore frequenza nausea (37% con
rivastigmina vs 22% con placebo), vomito (25% vs 15%),
anoressia (19% vs 10%) e sonnolenza (9% vs 5%; non sono
stati riportati altri dati).32
Commento Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti della rivastigmina in soggetti con demenza
vascolare.
Fisostigmina
Una revisione sistematica ha trovato prove limitate che
in soggetti con malattia di Alzheimer la fisostigmina a lento rilascio
migliori la funzione cognitiva rispetto a placebo, ma con frequenti
effetti avversi quali nausea, vomito, diarrea, capogiri e gastralgie.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica34 (data della ricerca 2000,
15 studi randomizzati) che ha confrontato fisostigmina e placebo in
soggetti con malattia di Alzheimer da lieve a grave [vedi il
commento dell'intervento «Fisostigmina»]. Gli studi inclusi hanno
utilizzato differenti preparazioni di fisostigmina e hanno per la maggior
parte presentato i dati in maniera inadeguata, rendendo impossibile una
metanalisi. Quattro erano piccoli studi che hanno usato fisostigmina per
via endovenosa e non hanno riportato risultati quantitativi. Altri 7 studi
di ridotte dimensioni (6 con disegno crossover, 131 soggetti) hanno
valutato preparazioni per bocca standard; gli studi crossover non
hanno riportato i dati relativi al periodo precedente al crossover.
Uno studio (16 soggetti) non ha rilevato differenze significative nella
funzione cognitiva tra fisostigmina per bocca e placebo, ma era
probabilmente troppo piccolo per escludere l’esistenza di differenze
clinicamente rilevanti. Quattro studi (1.456 soggetti) hanno usato
preparazioni a rilascio controllato, ma 3 hanno riportato dati solo sui
soggetti che avevano risposto alla fisostigmina nella fase preliminare di
titolazione del farmaco [vedi il commento dell'intervento
«Fisostigmina»]. Uno studio (170 soggetti) ha trovato che la
fisostigmina (27 mg al giorno) migliorava la funzione cognitiva a 12
settimane rispetto a placebo (sottoscala cognitiva della Alzheimer’s
Disease Assessment Scale -2, limiti di confidenza al 95% da -3,6 a -0,5),
ma non induceva alcun miglioramento significativo in termini di attività
della vita quotidiana o cambiamenti osservati dai medici curanti.
Effetti negativi Effetti avversi
frequenti erano nausea, vomito, diarrea, capogiri e dolori gastrici.
Negli studi che non hanno selezionato soggetti che presentavano una
risposta e una buona tolleranza al farmaco i tassi di abbandono del
trattamento erano maggiori con fisostigmina che con placebo (234/358, 65%,
vs 31/117, 26%); odds ratio 4,8, limiti di confidenza al 95% da
3,17 a 7,33).34
Commento Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti della fisostigmina in soggetti con demenza da
corpi di Lewy o vascolare. La fisostigmina è un farmaco simpaticomimetico
a durata d’azione molto breve. Gli studi che hanno escluso i soggetti che
non rispondevano al farmaco hanno probabilmente sovrastimato le dimensioni
dell’effetto.
Tacrina
Due revisioni sistematiche hanno trovato prove limitate
che in soggetti con malattia di Alzheimer la tacrina migliori la funzione
cognitiva e le condizioni generali rispetto a placebo, ma con frequenti
effetti avversi quali nausea, vomito, diarrea, anoressia e dolori
addominali.
Effetti positivi Abbiamo trovato 2
revisioni sistematiche sulla tacrina rispetto a placebo in soggetti con
malattia di Alzheimer (data della ricerca non riportata, 12 studi
randomizzati, 1.984 soggetti;35 data della ricerca
1997, 21 studi randomizzati di cui 12 inclusi nella prima revisione, 3.555
soggetti; [vedi il commento dell'intervento «Tacrina»]36). Gli studi hanno utilizzato diversi dosaggi di
tacrina per periodi di 3-36 settimane. La prima revisione ha trovato che
rispetto a placebo la tacrina aumentava il numero di soggetti con
miglioramenti significativi dello stato clinico generale (odds ratio 1,58,
limiti di confidenza al 95% da 1,18 a 2,11) e migliorava la funzione
cognitiva (Mini Mental State Examination a 12 settimane: differenza
standardizzata delle medie +0,77, limiti di confidenza al 95% da -0,35 a
+1,2; sottoscala cognitiva della Alzheimer’s Disease Assessment Scale a 12
settimane: differenza standardizzata delle medie -2,7, limiti di
confidenza al 95% da -1,36 a -2,78).35 Un'analisi
di sottogruppo successiva ha segnalato che i 5 studi non finanziati da
aziende private non hanno rilevato effetti significativi della tacrina
rispetto a placebo, mentre 6 dei 7 studi sponsorizzati dall’azienda
produttrice del farmaco hanno riportato effetti clinici positivi (uno
studio non è stato incluso nell’analisi).37
Effetti negativi Uno studio identificato
dalla prima revisione ha riportato che la sospensione del trattamento a
causa di effetti avversi era frequente (odds ratio 3,6, limiti di
confidenza al 95% da 2,8 a 4,7),35 soprattutto con
i dosaggi più alti (265/479 con tacrina ad alte dosi, 55%, vs
20/184 con placebo, 11%; rischio relativo 5,1, limiti di confidenza al 95%
da 3,3 a 7,7; numero di casi da trattare per vedere un effetto avverso 3,
limiti di confidenza al 95% da 2 a 3); si è osservato un aumento
reversibile degli enzimi epatici in 133 su 265 soggetti trattati con
tacrina (50%).38 Effetti avversi comuni erano
nausea e vomito (35% con 160 mg al giorno), diarrea (18%), anoressia (12%)
e dolori addominali (9%).
Commento La qualità degli studi era in
genere scarsa.35,36 Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti della tacrina in soggetti con demenza da corpi
di Lewy o vascolare.
Lecitina
Studi randomizzati di piccole dimensioni e di scarsa
qualità metodologica identificati da una revisione sistematica non hanno
fornito prove sufficienti sugli effetti della lecitina in soggetti con
malattia di Alzheimer.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica39 (data della ricerca 2000,
10 studi randomizzati, 256 soggetti con malattia di Alzheimer) che ha
confrontato lecitina e placebo [vedi il commento dell'intervento
«Lecitina»]. La revisione non ha rilevato miglioramenti significativi
in termini di funzione cognitiva, prestazioni funzionali, qualità della
vita o stato generale associati all’uso di lecitina [vedi il
commento dell'intervento «Lecitina»]. Uno studio randomizzato
identificato dalla revisione su 90 soggetti con "demenza parkinsoniana",
tra i quali è possibile fossero inclusi pazienti con demenza da corpi di
Lewy, non ha riscontrato effetti positivi con lecitina rispetto a
placebo.
Effetti negativi La revisione ha rilevato
che gli effetti avversi erano più frequenti con lecitina (41% con lecitina
vs 10% con placebo; odds ratio 6, limiti di confidenza al 95% da
1,5 a 24).39 La natura degli effetti avversi non è
stata specificata.
Commento Uno studio incluso nella
revisione,39 che ha confrontato lecitina e placebo
in soggetti con minimo deterioramento cognitivo, ha riscontrato che alcune
componenti cognitive erano significativamente migliori nei soggetti
trattati con placebo. Molti degli studi erano piccoli e di scarsa
qualità metodologica. Nella revisione la metanalisi era ostacolata
dall’uso di differenti criteri di valutazione degli esiti. Non abbiamo
trovato studi randomizzati sugli effetti della lecitina in soggetti con
demenza da corpi di Lewy o vascolare.
Nicotina
Abbiamo trovato una revisione sistematica che non ha
identificato studi randomizzati di qualità metodologica adeguata in
soggetti con demenza.
Effetti positivi Una revisione
sistematica (data della ricerca 2001) non ha trovato studi randomizzati di
qualità metodologica adeguata.40
Effetti negativi Non abbiamo trovato
studi randomizzati.
Commento Nessuno.
Farmaci antinfiammatori non steroidei
Uno studio randomizzato in soggetti con malattia di
Alzheimer non ha rilevato differenze significative tra placebo e
associazione di diclofenac e misoprostolo in termini di funzione cognitiva
dopo 25 settimane di trattamento. Un altro studio randomizzato ha trovato
che in soggetti con malattia di Alzheimer l’indometacina migliorava la
funzione cognitiva dopo 6 mesi di trattamento rispetto a placebo.
Effetti positivi Abbiamo trovato 2 studi
randomizzati in soggetti con malattia di Alzheimer [vedi il
commento dell'intervento «Farmaci antinfiammatori non steroidei»].41,42 Il primo (41 soggetti) ha trovato che il
trattamento per 25 settimane con diclofenac più misoprostolo rispetto a
placebo non era associato a differenze significative in termini di
funzione cognitiva (sottoscala cognitiva della Alzheimer’s Disease
Assessment Scale, ADAS-cog: differenza media +1,14, limiti di confidenza
al 95% da -2,9 a + 5,2) o stato generale (punteggi alla Clinician’s
Interview Based Impression of Change: +0,24, limiti di confidenza al 95%
da -0,26 a +0,74).41 Il secondo studio (44
soggetti con malattia di Alzheimer lieve o moderata) ha riportato che
l’uso per 6 mesi di indometacina (fino a 150 mg al giorno) migliorava in
maniera significativa la funzione cognitiva rispetto a placebo (punteggi
sulla Mini Mental State Examination e sulla ADAS-cog; risultati riportati
in modo non adeguato solo per i 28/44 soggetti che avevano completato lo
studio).42
Effetti negativi [vedi il
capitolo «Farmaci antinfiammatori non steroidei»] Nel primo studio il
tasso di abbandono del trattamento era maggiore tra i soggetti che
assumevano diclofenac più misoprostolo (12, 50%, vs 2 con placebo,
12%). Non sono stati riportati effetti avversi gravi.41 Nello studio sull’indometacina il 21% dei soggetti
in terapia con il farmaco ha abbandonato il trattamento a causa di sintomi
gastrointestinali.42
Commento Abbiamo trovato una revisione
sistematica sugli effetti dell’aspirina nella demenza vascolare (data
della ricerca 2000), che non ha identificato studi randomizzati.43 Versioni precedenti di questa revisione avevano
considerato uno studio randomizzato (70 soggetti con demenza vascolare)
che è stato successivamente escluso a causa della scarsa qualità
metodologica e della mancanza di un gruppo di controllo trattato con
placebo. Non abbiamo trovato studi randomizzati sugli effetti dei farmaci
antinfiammatori non steroidei in soggetti con demenza da corpi di Lewy o
vascolare.
Estrogeni
Una revisione sistematica ha trovato che in donne con
malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato gli estrogeni miglioravano
la funzione cognitiva dopo 7-12 mesi rispetto a nessuna terapia ormonale
sostitutiva.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca 2000, 8 studi randomizzati, 313
donne con malattia di Alzheimer lieve o moderata, età >56 anni) che ha
valutato gli effetti degli estrogeni (0,625-1,25 mg al giorno) per periodi
da 7 settimane a 12 mesi [vedi il commento dell'intervento
«Estrogeni»].44 La revisione ha trovato che
gli estrogeni miglioravano la funzione cognitiva rispetto a nessuna
terapia ormonale sostitutiva (Mini Mental State Examination, 5 studi:
differenza media pesata 2,3, limiti di confidenza al 95% da 1,7 a
3,4).
Effetti negativi Esiste il timore che il
trattamento con estrogeni possa aumentare il rischio di tumori della
mammella e di eventi cardiovascolari [vedi gli effetti negativi
dell'intervento «Terapia ormonale sostitutiva»].
Commento Molti degli studi inclusi nella
revisione erano di piccole dimensioni, e la loro eterogeneità può avere
distorto i risultati della metanalisi. Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti degli estrogeni in donne con demenza da corpi
di Lewy o vascolare. Una metanalisi di 14 studi osservazionali (5.990
donne, lunghezza del follow up non precisata) ha rilevato che la terapia
ormonale sostitutiva è associata a un minor rischio di sviluppare demenza
(donne affette da demenza 13% in terapia ormonale sostitutiva vs
21% nei gruppi di controllo; rischio relativo 0,56, limiti di confidenza
al 95% da 0,46 a 0,68). Gli studi osservazionali forniscono solo prove
indirette; l’associazione riportata potrebbe essere legata a fattori
confondenti (come livello di istruzione o stile di vita).
Selegilina
Una revisione sistematica ha trovato che in soggetti con
malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato la selegilina migliorava
la funzione cognitiva, i disturbi del comportamento e l’umore, ma non
aveva effetti significativi sul quadro clinico globale rispetto a
placebo.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca non riportata, 15 studi
randomizzati)45 che ha confrontato selegilina e
placebo in soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato
(numero medio di soggetti 50, durata tipica del trattamento 3
mesi [vedi il commento dell'intervento «Selegilina»]).
L'analisi combinata dei dati ha mostrato che la selegilina migliorava
diverse misure degli esiti: punteggi relativi alla funzione cognitiva
(valutati in base a vari parametri, 4 studi, 160 soggetti: differenza
standardizzata delle medie -0,56, limiti di confidenza al 95% da -0,88 a
-0,24), all'umore (Dementia Mood Assessment Scale, 1 studio, 20 soggetti:
differenza standardizzata delle medie -1,14, limiti di confidenza al 95%
da -2,21 a -0,18) e ai sintomi comportamentali (Brief Psychiatric Rating
Scale, 3 studi, 98 soggetti: differenza standardizzata delle medie -0,53,
limiti di confidenza al 95% da -0,94 a -0,12). La revisione non ha
rilevato differenze significative tra selegilina e placebo nello stato
clinico globale (4 studi, 94 soggetti: differenza standardizzata
delle medie -0,11, limiti di confidenza al 95% da -0,49 a +0,27).
Effetti negativi Gli studi identificati
dalla revisione non hanno rilevato differenze significative negli effetti
avversi (ansia, agitazione, capogiri, nausea, dispepsia) tra selegilina e
placebo.45
Commento Gli studi hanno utilizzato varie
misure degli esiti, rendendo difficile il confronto con altri trattamenti.
Non abbiamo trovato studi randomizzati sugli effetti della selegilina in
soggetti con demenza da corpi di Lewy o vascolare.
Ginkgo biloba
Studi randomizzati hanno trovato prove limitate che in
soggetti con malattia di Alzheimer o demenza vascolare l’uso di ginkgo
biloba migliori la funzione cognitiva rispetto a placebo.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca 2002, 33 studi randomizzati) che
ha confrontato ginkgo biloba e placebo in soggetti con deterioramento
cognitivo, malattia di Alzheimer o demenza vascolare [vedi il
commento dell'intervento «Ginkgo biloba»].46
Gli studi erano eterogenei in termini di durata (3-53 settimane), dosi e
preparazioni di ginkgo biloba utilizzate ed esiti valutati; ciò rendeva
difficile una sintesi dei risultati. La revisione non ha inoltre potuto
fornire un’analisi secondo il principio dell’intenzione al trattamento, in
quanto molti degli studi inclusi avevano condotto solo analisi limitate ai
soggetti rimasti nello studio. La revisione ha trovato che l’uso di ginkgo
biloba a qualsiasi dosaggio migliorava significativamente la funzione
cognitiva (valutata con diverse scale validate) a 24 settimane (5 studi, 3
dei quali in soggetti con malattia di Alzheimer o demenza vascolare, 757
soggetti; risultati presentati come differenza standardizzata delle medie;
P=0,008). Nella revisione erano inclusi 2 ampi studi randomizzati in
soggetti con malattia di Alzheimer o demenza vascolare. Il primo (216
soggetti con malattia di Alzheimer lieve o moderata o demenza vascolare)
ha trovato che il trattamento con ginkgo biloba (>200 mg al giorno)
aumentava significativamente il numero dei soggetti che venivano valutati
come migliorati a 24 settimane (analisi limitata ai soggetti rimasti nello
studio; miglioramento in base alla Clinician’s Interview Based Impression
of Change, criteri di definizione del miglioramento non precisati: 57/79,
72%, vs 42/77 con placebo, 55%; rischio relativo 1,32, limiti di
confidenza al 95% da 1,03 a 1,69). Il secondo studio (327 soggetti, 236
con malattia di Alzheimer) ha trovato che in soggetti con malattia di
Alzheimer l’uso di ginkgo biloba migliorava significativamente rispetto a
placebo la funzione cognitiva [vedi Tabella 1: Effetti di
donepezil, rivastigmina, galantamina e gingko biloba sulla funzione
cognitiva rispetto a placebo] (analisi secondo il principio
dell’intenzione al trattamento, cambiamento dei punteggi sulla sottoscala
cognitiva della Alzheimer’s Disease Assessment Scale, ADAS-cog: -1,7,
limiti di confidenza al 95% da -3,1 a -0,2; numero di casi da trattare per
un cambiamento di 4 punti sulla ADAS-cog 8, limiti di confidenza al 95% da
5 a 50) e i cambiamenti valutati dalle persone che si prendevano cura dei
pazienti a 26 settimane (cambiamento dei punteggi sul Geriatric Evaluation
by Relative’s Rating Instrument -0,16, limiti di confidenza al 95% da
-0,25 a -0,06), ma non i punteggi medi sulla Clinician’s Global Impression
of Change (cambiamento dei punteggi +0,1, limiti di confidenza al 95% da
-0,1 a +0,2).47 Il tasso di abbandono dello studio
era alto (137/309, 44%).
Effetti negativi La revisione non ha
rilevato differenze significative tra ginkgo biloba e placebo nel numero
dei soggetti con almeno un effetto avverso (effetti avversi non
specificati, 117/591 con ginkgo biloba, 19,7%, vs 59/471 con
placebo, 12,5%; rischio relativo 0,95, limiti di confidenza al 95% da 0,72
a 1,26).46
Commento Molti degli studi identificati
dalla revisione hanno incluso soggetti con deterioramento mnemonico e
cognitivo non legato a demenza; i risultati della metanalisi possono
quindi non essere completamente generalizzabili ai soggetti con malattia
di Alzheimer o demenza vascolare. Non abbiamo trovato studi randomizzati
sugli effetti dell’uso di ginkgo biloba in soggetti con demenza da corpi
di Lewy. Le preparazioni di ginkgo biloba in commercio presentano in
genere una minore purezza e concentrazione di principi attivi rispetto
all’estratto (EGb 761) usato nella maggior parte degli studi
randomizzati.
Vitamina E
Uno studio randomizzato in soggetti con malattia di
Alzheimer ha trovato che rispetto a placebo la vitamina E non aveva
effetti significativi sulla funzione cognitiva dopo 2 anni di trattamento
ma riduceva la mortalità, il tasso di ospedalizzazione, la perdita della
capacità di svolgere le normali attività e il numero di soggetti che
sviluppavano demenza grave.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca 2000, 1 studio randomizzato
multicentrico, 169 soggetti con malattia di Alzheimer moderata o
grave [vedi il commento dell'intervento «Vitamina E»]).48 Lo studio ha confrontato 4 trattamenti: vitamina E
(alfa-tocoferolo, 2.000 UI al giorno), selegilina, vitamina E più
selegilina o placebo.49 La revisione non ha
rilevato differenze significative fra il trattamento per 2 anni con alte
dosi di vitamina E o placebo in termini di funzione cognitiva (valutata
con la sottoscala cognitiva della Alzheimer’s Disease Assessment Scale;
cambiamento medio dei punteggi 8,3 con vitamina E vs 6,7 con
placebo; differenza riportata come non significativa, senza fornire
ulteriori dati [vedi il commento dell'intervento «Vitamina
E»]). L’uso di vitamina E aumentava invece significativamente la
sopravvivenza libera da eventi, definita come mortalità o sopravvivenza
fino all’istituzionalizzazione, alla perdita della capacità di svolgere le
normali attività o allo sviluppo di demenza grave (punteggio di
valutazione clinica della demenza pari a 3; odds ratio 0,49, limiti di
confidenza al 95% da 0,25 a 0,96).
Effetti negativi Lo studio non ha
rilevato differenze significative tra alfa-tocoferolo e placebo in termini
di effetti avversi.49 Altri studi hanno trovato
scarse prove sull'esistenza di associazioni fra alte dosi di
alfa-tocoferolo e sintomi intestinali, cefalea, debolezza muscolare,
alterazioni della vista, sanguinamenti vaginali, ematomi, tromboflebiti,
peggioramenti di angina e diabete, sincopi e capogiri.50 Alcune descrizioni di singoli casi hanno segnalato
la possibilità che la vitamina E aumenti il rischio di ictus
emorragico.
Commento Nello studio identificato dalla
revisione i 2 gruppi di trattamento non avevano caratteristiche iniziali
equivalenti: i punteggi sulla Mini Mental State Examination, che
costituivano indici predittivi significativi dell'esito, erano in media
più alti nei soggetti del gruppo placebo.49 I
tentativi di correggere questo squilibrio hanno suggerito che la vitamina
E potrebbe aumentare la sopravvivenza media, ma la necessità di
aggiustamenti statistici riduce la validità è di tale conclusione. Non
abbiamo trovato studi randomizzati sugli effetti della vitamina E in
soggetti con demenza da corpi di Lewy o vascolare.
Musicoterapia
Studi randomizzati di scarsa qualità metodologica
identificati da una revisione sistematica non hanno fornito prove
sufficienti sugli effetti della musicoterapia.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica sulla musicoterapia (data della ricerca 1998, 21
studi, 336 soggetti con vari tipi di demenza).51
La revisione, che ha incluso studi di scarsa qualità metodologica, ha
rilevato in una metanalisi che la musicoterapia migliorava in maniera
significativa gli esiti cognitivi e comportamentali rispetto a interventi
di controllo (dimensione media dell’effetto 0,79, limiti di confidenza al
95% da 0,62 a 0,95 [vedi il commento dell'intervento
«Musicoterapia»]). Effetti significativi sono stati osservati con
diversi tipi di musicoterapia (attiva vs passiva, musica registrata
vs dal vivo).
Effetti negativi La revisione non ha
riportato informazioni sugli effetti avversi.51
Commento Gli studi primari mancavano di
controlli adeguati, erano soggetti a potenziali errori sistematici, hanno
utilizzato diversi interventi e misure degli esiti non adeguate. Sebbene
combinando i risultati di molti studi una metanalisi abbia riscontrato
effetti positivi significativi, sono necessari ulteriori studi di buona
qualità metodologica per chiarire se tali risultati sono dovuti a un
effetto reale o a errori sistematici. Una revisione sistematica precedente
è stata ritirata.52
Orientamento alla realtà
Una revisione sistematica di piccoli studi randomizzati
ha trovato che in soggetti con varie forme di demenza interventi di
orientamento alla realtà miglioravano la funzione cognitiva rispetto a
nessun trattamento.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca 2000, 6 studi randomizzati, 125
soggetti).53 Gli studi hanno confrontato
interventi di orientamento alla realtà [vedi glossario] con
nessun trattamento, usando differenti misure di valutazione della funzione
cognitiva. La revisione ha riportato che l'orientamento alla realtà
migliorava significativamente i punteggi della funzione cognitiva
(differenza standardizzata delle medie -0,59, limiti di confidenza al 95%
da -0,95 a -0,22) e dei sintomi comportamentali (differenza standardizzata
delle medie -0,66, limiti di confidenza al 95% da -1,27 a -0,05). Non è
stata condotta un’analisi separata dei dati relativi alle diverse forme di
demenza.
Effetti negativi Gli studi non hanno
riportato informazioni sugli effetti avversi.53
Commento Gli studi non hanno usato
interventi o esiti standardizzati.53
Terapia di reminiscenza
Non abbiamo trovato prove sufficienti sugli effetti
della terapia di reminiscenza.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica sulla terapia di reminiscenza [vedi
glossario] (data della ricerca 2000, 2 studi randomizzati, 42
soggetti).54 L'analisi combinata dei risultati era
compromessa dalla scarsa qualità metodologica degli studi,
dall’eterogeneità degli esiti considerati e dalla mancanza di un’analisi
separata dei dati relativi alle diverse forme di demenza.
Effetti negativi Non abbiamo trovato
prove sufficienti.
Commento Nessuno.
Quesito
Quali sono gli effetti dei trattamenti sui sintomi
comportamentali e psichiatrici?
Interventi
Farmaci antipsicotici
Una revisione sistematica in soggetti con varie forme di
demenza ha trovato che rispetto a placebo l’aloperidolo non aveva effetti
significativi sull’agitazione ma poteva ridurre l’aggressività. Uno studio
randomizzato in soggetti con demenza moderata o grave (tra cui pazienti
con malattia di Alzheimer o demenza vascolare) ha trovato che il
risperidone migliorava significativamente i sintomi comportamentali e
psichiatrici a 12 settimane rispetto a placebo; un altro studio
randomizzato in soggetti con grave demenza e agitazione non ha invece
rilevato differenze significative tra risperidone e placebo nei sintomi a
13 settimane. Uno studio randomizzato ha trovato che in soggetti con
malattia di Alzheimer l’olanzapina riduceva l’agitazione, le allucinazioni
e i deliri rispetto a placebo. Studi randomizzati non hanno rilevato
differenze significative nell’efficacia di diversi antipsicotici. Due
studi randomizzati in soggetti con demenza non hanno rilevato differenze
significative fra trazodone e aloperidolo in termini di effetti
sull’agitazione, ma è possibile che fossero troppo piccoli per escludere
l’esistenza di differenze clinicamente rilevanti.
Effetti positivi Antipsicotici
vs placebo: Abbiamo trovato una revisione sistematica (data
della ricerca 1995, 7 studi randomizzati, durata 4-12 settimane, 294
soggetti con diversi tipi di demenza e problemi comportamentali) che ha
confrontato con placebo vari antipsicotici, tra i quali aloperidolo (2
studi) e altri farmaci (acetofenazina, loxapina, trifluoperazina,
tiotixene) di uso attualmente poco comune.55 La
revisione ha trovato che gli antipsicotici aumentavano significativamente
il numero dei soggetti che presentavano miglioramenti (61% con
antipsicotici vs 34% con placebo; P<0,001). Aloperidolo
vs placebo: Abbiamo trovato una revisione sistematica sull’uso
dell’aloperidolo nel trattamento dell’agitazione in varie forme di
demenza, tra cui la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare (data
della ricerca 2000, 5 studi randomizzati, nessuno dei quali incluso nella
revisione precedente).56 La revisione non ha
rilevato differenze significative tra aloperidolo e placebo
nell’agitazione a 6-16 settimane (cambiamento rispetto alle condizioni di
partenza valutato attraverso il Cohen-Mansfield Agitation Inventory o i
punteggi relativi ai sintomi psicomotori sulla Behavioural Symptoms Scale
for Dementia; differenza media pesata -0,48, limiti di confidenza al 95%
da -1,43 a +0,53), ma ha trovato che l’aloperidolo riduceva
significativamente l’aggressività a 3-6 settimane (2 studi, 240 soggetti:
differenza media pesata -1,11, limiti di confidenza al 95% da -2,02 a
-0,11). Aloperidolo vs trazodone: Abbiamo trovato 2
studi randomizzati [vedi gli effetti positivi dell'intervento
«Farmaci antidepressivi»]. Risperidone vs placebo:
Abbiamo trovato 2 studi randomizzati.57,58 Il
primo (in doppio cieco, 625 soggetti con demenza moderata o grave e
sintomi comportamentali e psichiatrici, 73% con malattia di Alzheimer, età
media 83 anni, 68% donne) ha confrontato risperidone e placebo per 12
settimane. Lo studio ha trovato che il risperidone (1 o 2 mg al giorno)
aumentava significativamente le probabilità di risposta a 12 settimane
(risposta definita come una riduzione di almeno il 50% dei punteggi sulla
Behave-AD Scale, 45% con risperidone 1 mg vs 50% con 2 mg
vs 33% con placebo; per risperidone 1 mg vs placebo
numero di casi da trattare 9, limiti di confidenza al 95% da 5 a 100; per
risperidone 2 mg vs placebo numero di casi da trattare 6,
limiti di confidenza al 95% da 4 a 17). I risultati non erano
significativamente influenzati dal sesso dei pazienti o dal tipo di
demenza.57 Il secondo studio (344 soggetti con
comportamento agitato e grave demenza, 67% con malattia di Alzheimer, 26%
con demenza vascolare, età media 81 anni, 56% donne) ha confrontato dosi
aggiustate di risperidone (dose media 1,1 mg) con placebo o
aloperidolo (dose media 1,2 mg) nel trattamento dei sintomi
comportamentali. Lo studio non ha rilevato differenze significative tra
risperidone e placebo nel numero di soggetti con risposta positiva a 13
settimane (risposta definita come una riduzione di almeno il 30% dei
punteggi sulla Behave-AD Scale, 37/68 con risperidone, 54%, vs
35/74 con placebo, 47%; aumento del rischio assoluto +7%, limiti di
confidenza al 95% da -9% a +23%; vedi più avanti per risperidone vs
aloperidolo).58 Olanzapina vs
placebo: Abbiamo trovato uno studio randomizzato (in doppio cieco,
durata 6 settimane, 206 anziani residenti in case di riposo statunitensi e
affetti da demenza con sintomi comportamentali o psicotici, 177 con
malattia di Alzheimer e 29 con demenza da corpi di Lewy) che ha
confrontato olanzapina (somministrata a dosi fisse di 5, 10 o 15 mg al
giorno) e placebo.59 Lo studio ha trovato che le
dosi più basse di olanzapina, ma non la più alta, riducevano l’agitazione,
le allucinazioni e i deliri (sottoscala del Neuropsychiatric Inventory,
versione per le case di riposo: -7,6 con olanzapina 5 mg vs -6,1
con olanzapina 10 mg vs -4,9 con olanzapina 15 mg vs -3,7
con placebo). Confronto tra antipsicotici: La prima revisione,
che ha identificato 11 studi randomizzati di confronto tra diversi
antipsicotici, non ha rilevato differenze significative tra aloperidolo,
diazepam, tioridazina, loxapina o oxazepam in termini di efficacia.55 Lo studio che ha confrontato dosi aggiustate di
risperidone con aloperidolo o placebo non ha rilevato differenze
significative tra risperidone e aloperidolo nel numero di soggetti con
risposta positiva a 13 settimane (risposta definita come una riduzione di
almeno il 30% dei punteggi sulla Behave-AD Scale).58
Effetti negativi Antipsicotici
vs placebo: La prima revisione ha trovato che l’uso di
antipsicotici era associato a una frequenza significativamente maggiore di
effetti avversi come sedazione (21%), disturbi motori (13%) e ipotensione
ortostatica (8%) rispetto a placebo (P<0,01), mentre non ha rilevato
differenze significative tra antipsicotici e placebo riguardo al tasso di
abbandono degli studi (P=0,5).55 Uno studio
prospettico longitudinale della durata di 2 anni (71 soggetti affetti da
demenza) ha riscontrato in 16 soggetti trattati con antipsicotici un
declino nei punteggi cognitivi medi pari al doppio di quello osservato in
soggetti che non assumevano antipsicotici (Mini Mental State Examination
21 vs 9; P=0,002).60 Risperidone
vs placebo: Il primo studio ha riportato che la sospensione del
trattamento a causa di effetti avversi era più frequente con alte dosi di
risperidone (8% con risperidone 0,5 mg vs 16% con 1 mg vs
24% con 2 mg vs 12% con placebo).57
Olanzapina vs placebo: Lo studio ha trovato che
l’olanzapina era più spesso associata a sedazione (25% con olanzapina 5 mg
vs 26% con 10 mg vs 36% con 15 mg vs 6% con
placebo) e a disturbi della deambulazione (20% con olanzapina 5 mg
vs 14% con 10 mg vs 17% con 15 mg vs 2% con
placebo).59 Confronto tra
antipsicotici: Nello studio che ha confrontato il risperidone con
placebo o aloperidolo circa il 18% dei soggetti in ciascuno dei 3 gruppi
di trattamento aveva interrotto la terapia a causa di effetti avversi.58 Gli effetti avversi extrapiramidali erano più comuni
nei soggetti trattati con aloperidolo (22% con aloperidolo vs 15%
con risperidone vs 11% con placebo).
Commento Molti studi suggeriscono che i
farmaci antipsicotici sono efficaci nel ridurre i sintomi psicotici e
comportamentali in soggetti affetti da demenza, ma gli alti tassi di
risposta con placebo indicano che molti disturbi comportamentali si
risolvono spontaneamente a breve termine. Nella maggior parte dei casi i
soggetti affetti da demenza sono sensibili agli effetti avversi degli
antipsicotici, soprattutto a sedazione ed effetti extrapiramidali. I
soggetti con demenza da corpi di Lewy sono particolarmente sensibili a
tali effetti collaterali,61 ed è possibile che in
questi pazienti il rapporto fra effetti positivi e negativi degli
antipsicotici non sia favorevole. Ulteriori studi sono necessari per
chiarire se i nuovi antipsicotici atipici presentano un migliore rapporto
fra benefici ed effetti negativi.
Quetiapina nel trattamento dell'agitazione
nei pazienti anziani con demenza, istituzionalizzati
Di PsichiatriaOnline.net
( Xagena ) - Disturbi
comportamentali, tra cui agitazione, sono stati riportati fino al 90% dei
pazienti con demenza.
I farmaci antipsicotici atipici hanno mostrato una certa variabilità sia
di efficacia che di sicurezza nel trattamento dell'agitazione in questi
pazienti con demenza.
Uno studio, condotto da Ricercatori della Rochester University e dalla
University of South Carolina, ha valutato l'efficacia e la tollerabilità
della Quetiapina ( Seroquel ) nel trattamento dei pazienti anziani ( di età
uguale o superiore a 55 anni ) con agitazione associata alla demenza (
malattia di Alzheimer o demenza vascolare.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 3:3:2 ad
uno di 3 trattamenti: Quetiapina 100mg/die, Quetiapina 200mg/die o
placebo.
Il trattamento con Quetiapina è iniziato al dosaggio di 25mg/die al primo
giorno, con successivi aumenti di 25mg/die fino al dosaggio di 100mg/die
al quarto giorno, o di 200mg/die all'ottavo giorno.
I pazienti sono stati poi mantenuti ai dosaggi di 50mg due volte die,
oppure 100mg 2 volte die per il rimanente periodo dello studio.
Un totale di 219 pazienti ha completato lo studio di 10 settimane.
La Quetiapina, somministrata a 200mg/die, ha mostrato la maggiore
riduzione nel punteggio della scala PANSS-EC rispetto al placebo ( p <
0.05 ) ed ha migliorato significativamente i punteggi della scala CGI-C,
sempre rispetto al placebo.
Nessun evento avverso cerebrovascolare è stato osservato tra i pazienti
trattati con Quetiapina.
L'evento avverso più frequente è stato la sonnolenza/sedazione lieve o
moderata riscontrata più comunemente tra i pazienti trattati con
Quetiapina rispetto al placebo.
In un paziente del gruppo placebo si è manifestato un TIA ( attacco
ischemico transitorio ).
Solamente 4 pazienti ( 1.2% ) hanno interrotto lo studio a causa di questo
effetto indesiderato.
Non sono state osservate differenze significative tra i gruppi di
trattamento riguardo ai cambiamenti dei livelli di glicemia a digiuno e di
peso corporeo.
Secondo gli Autori, la Quetiapina 200mg/die ha ridotto l'agitazione nei
pazienti anziani con demenza, dimostrando anche un'ottima tollerabilità.(
Xagena )
Fonte: 9th International Conference on Alzheimer's Disease and Related
Disorders.
Farmaci antiepilettici
Uno studio randomizzato ha trovato che in soggetti con
varie forme di demenza la carbamazepina riduceva l’agitazione e
l’aggressività rispetto a placebo. Uno studio randomizzato ha trovato che
in soggetti con demenza il sodio valproato riduceva l’agitazione a 6
settimane rispetto a placebo. Un altro studio randomizzato non ha invece
rilevato differenze significative tra sodio valproato e placebo in termini
di effetti sull’aggressività dopo 8 settimane. Non abbiamo trovato studi
randomizzati sugli effetti di altri farmaci antiepilettici.
Effetti positivi Non abbiamo trovato
revisioni sistematiche. Carbamazepina: Abbiamo trovato uno
studio randomizzato (in singolo cieco, durata 6 settimane, 51 soggetti in
casa di riposo con comportamento agitato associato a malattia di
Alzheimer, demenza vascolare o forme miste di demenza) che ha confrontato
carbamazepina (dosi individualizzate; dose modale 300 mg; livello sierico
medio 5,3 microgrammi/ml) e placebo.62 Lo studio
ha trovato che la carbamazepina riduceva in maniera significativa
l’agitazione e l’aggressività (punteggio totale medio alla Brief
Psychiatric Rating Scale: 7,7 con carbamazepina vs 0,9 con placebo)
e migliorava lo stato generale (valutazione secondo la Clinical Global
Impressions: 77% con carbamazepina vs 21% con placebo).
Sodio valproato: Abbiamo trovato 2 studi randomizzati.63,64 Il primo (in singolo cieco, durata 6 settimane,
56 soggetti con malattia di Alzheimer o demenza vascolare ricoverati in
case di riposo) ha riportato che quando venivano considerate diverse
variabili il sodio valproato riduceva significativamente l’agitazione e
l’aggressività (valutate in base ai punteggi della Brief Psychiatric
Rating Scale; P=0,05 solo dopo correzione) e migliorava lo stato generale
rispetto a placebo (valutazione secondo la Clinical Global Impressions:
68% con sodio valproato vs 33% con placebo; P=0,06).63 Il secondo studio (crossover, 43 soggetti con
vari tipi di demenza e problemi comportamentali), che ha confrontato sodio
valproato (480 mg al giorno) e placebo per 3 settimane, non ha rilevato
differenze significative nei comportamenti aggressivi nel corso delle 8
settimane successive al crossover (cambiamento medio dei punteggi
sulla Social Dysfunction and Agression Scale-9 -0,72 con sodio valproato
vs -0,72 con placebo; P=0,99).64
Effetti negativi Carbamazepina: Lo
studio ha riportato che gli effetti avversi erano significativamente più
frequenti con carbamazepina che con placebo (16/27, 59%, vs 7/24,
29%; P=0,003).62 Questi sono stati considerati
significativi dal punto di vista clinico in 2 casi (un soggetto con tic e
uno con atassia). Nei soggetti anziani la carbamazepina può avere effetti
tossici cardiaci. Sodio valproato: Il primo studio ha trovato
che gli effetti negativi, valutati in genere come lievi, erano più
frequenti con sodio valproato che con placebo (68% vs 33%;
P=0,003).63 [vedi il capitolo
«Epilessia»]
Commento La necessità di aggiustamenti
per altre variabili compromette la validità dei risultati del primo studio
sul sodio valproato.
Farmaci antidepressivi
Uno studio randomizzato non ha rilevato differenze
significative fra trazodone e aloperidolo in termini di riduzione
dell’agitazione. Un altro studio randomizzato in soggetti con malattia di
Alzheimer e comportamento agitato non ha rilevato differenze significative
negli effetti sull’agitazione fra trazodone, aloperidolo, tecniche di
gestione del comportamento e placebo. E’ possibile che gli studi fossero
troppo piccoli per escludere l’esistenza di differenze clinicamente
rilevanti.
Effetti positivi Non abbiamo trovato
revisioni sistematiche, ma abbiamo identificato 2 studi randomizzati.65,66 Il primo (in doppio cieco, durata 9 settimane, 28
anziani con comportamento agitato associato a malattia di Alzheimer,
demenza vascolare o forme miste di demenza) ha confrontato trazodone
(50-250 mg al giorno) e aloperidolo (1-5 mg al giorno). Lo studio non ha
riscontrato differenze significative tra i 2 trattamenti in termini di
effetti sull’agitazione, ma era troppo piccolo per poter escludere una
differenza rilevante dal punto di vista clinico.65
Il secondo studio (in doppio cieco, durata 16 settimane, 149 soggetti con
malattia di Alzheimer e comportamento agitato) ha confrontato 4
interventi: aloperidolo (dose media 1,1 mg al giorno), trazodone (dose
media 200 mg al giorno), tecniche di gestione del comportamento e placebo.
Lo studio non ha rilevato differenze significative negli esiti
(Alzheimer’s Disease Co-operative Study Clinical Global Impression of
Change), ma era probabilmente troppo piccolo per poter escludere una
differenza rilevante dal punto di vista clinico.66
Effetti negativi Nel primo studio gli
effetti avversi erano più frequenti nei soggetti trattati con
aloperidolo.65 Nel secondo non si sono riscontrate
differenze significative negli effetti avversi tra i gruppi trattati con
trazodone e placebo.66 L’uso di trazodone è stato
associato a priapismo, che si manifesta in circa 1/10.000 soggetti.
Commento Le ridotte dimensioni degli
studi non consentono di escludere differenze clinicamente rilevanti tra i
diversi interventi.
Farmaci anticolinesterasici
Studi randomizzati in soggetti con malattia di Alzheimer
lieve o moderata non hanno fornito prove convincenti sugli effetti del
donepezil o della galantamina sui sintomi comportamentali e psichiatrici
rispetto a placebo.
Effetti positivi Donepezil: Non
abbiamo trovato revisioni sistematiche, ma abbiamo identificato 2 studi
randomizzati.25,67 Il primo (290 soggetti con
malattia di Alzheimer moderata o grave, età 48-92 anni, punteggio sulla
Mini Mental State Examination, MMSE, da 5 a 17) ha trovato che il
donepezil (5-10 mg al giorno) migliorava significativamente i sintomi
funzionali e comportamentali a 24 settimane rispetto a placebo (punteggio
sulla Disability Assessment for Dementia, differenza media 8,23, limiti di
confidenza al 95% non riportati, P<0,001; punteggio sul
Neuropsychiatric Inventory, differenza media 5,64, limiti di confidenza al
95% non riportati, P<0,0001).25 Il secondo
studio (208 soggetti ricoverati in case di riposo, con malattia di
Alzheimer lieve o moderata e almeno un sintomo sul Neuropsychiatric
Inventory nella versione per le case di riposo) non ha rilevato differenze
significative tra donepezil e placebo nei sintomi psichiatrici dopo 24
settimane di trattamento (cambiamento nei punteggi medi sulla versione per
le case di riposo del Neuropsychiatric Inventory -4,9 con donepezil
vs -2,3 con placebo; differenza riportata come non significativa,
senza fornire ulteriori dati).67
Galantamina: Abbiamo trovato una revisione sistematica (data
della ricerca 2002) che ha identificato 2 studi randomizzati sugli effetti
della galantamina sui sintomi comportamentali e psichiatrici.29 Non è stata condotta una metanalisi, a causa della
diversa durata del follow up nei 2 studi. Entrambi hanno usato il
Neuropsychiatric Inventory (NPI), con punteggi compresi tra 0 e 120; una
riduzione indica la presenza di un miglioramento. Il primo studio (386
soggetti con malattia di Alzheimer lieve o moderata, punteggio sulla MMSE
da 10 a 22) non ha rilevato differenze significative tra galantamina
(12-16 mg 2 volte al giorno) e placebo nei sintomi psichiatrici a 3
mesi (riduzione media dei punteggi sul NPI -0,3 con galantamina vs
+0,5 con placebo; differenza media pesata -0,8, limiti di confidenza al
95% da -2,67 a +1,07). Il secondo studio (978 soggetti con malattia di
Alzheimer lieve o moderata, punteggio sulla MMSE da 12 a 24) ha trovato
che la galantamina a dosi di 16 mg al giorno riduceva
significativamente i sintomi psichiatrici a 6 mesi rispetto a placebo
(riduzione media dei punteggi sul NPI -0,1 con galantamina vs +2
con placebo; differenza media pesata -2,1, limiti di confidenza al 95% da
-4,04 a -0,16), ma non ha rilevato differenze significative con altri
dosaggi del farmaco (8 o 24 mg al giorno).29
Effetti negativi [vedi gli
effetti negativi dell'intervento «Donepezil»] [vedi gli
effetti negativi dell'intervento «Galantamina»].
Commento Gli anticolinesterasici
migliorano la funzione cognitiva e sono ben tollerati dai soggetti
anziani.
Orientamento alla realtà
Una revisione sistematica ha trovato che in soggetti con
varie forme di demenza interventi di orientamento alla realtà miglioravano
significativamente i sintomi comportamentali rispetto a nessun
trattamento.
Effetti positivi Abbiamo trovato una
revisione sistematica (data della ricerca 2000, 6 studi randomizzati, 125
soggetti con vari tipi di demenza).53 La revisione
ha trovato che interventi di orientamento alla realtà miglioravano
significativamente i punteggi relativi ai sintomi comportamentali rispetto
a nessun trattamento (differenza standardizzata delle medie -0,66, limiti
di confidenza al 95% da -1,27 a -0,05). I risultati non sono stati
analizzati separatamente per le diverse forme di demenza.
Effetti negativi Gli studi non hanno
riportato informazioni sugli effetti avversi.53
Commento Gli studi non hanno usato
interventi o esiti standardizzati.53
Tabelle
Tabella 1 Effetti di donepezil, rivastigmina,
galantamina e gingko biloba sulla funzione cognitiva rispetto a
placebo
Farmaco |
Dose (mg) |
Durata (settimane) |
Differenze (IC
95%) sull'ADAS-cog |
NNT (IC 95%)per cambiamento di almeno
4 punti sull'ADAS-cog |
OR (IC 95%)per miglioramento
globale |
OR (IC 95%)per sospensione del
trattamento |
Riferimento bibliografico |
donepezil |
10 una volta al giorno |
24 |
-2,9
(da -3,7 a -2,2) |
ND |
2,1
(da 1,3 a 3,6) |
1,4
(da 1 a 1,8) |
24 |
galantamina |
12 due
volte al giorno |
24 |
-3,3
(da -3,9 a -2,7) |
7 (da
4 a 10) |
1,9
(da 1,4 a 2,5) |
2,1
(da 1,5 a 2,9) |
29 |
galantamina |
16 due volte al giorno |
24 |
-3,3
(da -4,1 a -2,4) |
5 (da
5 a 12) |
2 (da
1,6 a 2,5) |
3,3
(da 2,5 a 4,3) |
29 |
rivastigmina |
6-12 due volte al giorno |
28 |
-2 (da
-0,49 a -3,6) |
17 (da
12 a 34) |
1,5
(da 1,2 a 1,8) |
2,4
(da 2 a 3) |
31 |
gingko
biloba |
120
una volta al giorno |
52 |
-1,7
(da -3,2 a -0,2) |
8 (da
5 to 50) |
ND |
ND |
46 |
NNT: numero di casi da trattare; IC
95%: limiti di confidenza al 95%; OR: odds ratio; ND: non
disponibile
Glossario
Orientamento alla realtà: Implica la
presentazione di informazioni volte a riorientare l'individuo nei
confronti del tempo, dello spazio o della propria storia personale. Può
essere costituito dalla presentazione di un tabellone che fornisce
dettagli su giorno, data e stagione, fino ad accorgimenti per riorientare
il paziente ogni volta che si prende contatto con lui.
Terapia di reminiscenza: Consiste
nell'incoraggiare i soggetti a parlare del passato per riportarne alla
coscienza gli eventi. Si basa sull'uso della memoria a lungo termine, di
solito risparmiata nella demenza lieve o moderata.
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James Warner Senior Lecturer/Consultant in Old Age
Psychiatry, Imperial College, London, UK, Rob Butler Honorary
Senior Lecturer in Psychiatry and Consultant in Old Age Psychiatry,
University of Auckland and Waitemata Health, Auckland, New Zealand,
Pramod Prabhakaran Special Registrar, CNWL Mental Health Trust,
London, UK
Conflitti d'interesse: JW ha ricevuto rimborsi per la
partecipazione a congressi dalla Novartis, l'azienda produttrice della
rivastigmina, e compensi per seminari educazionali dalla Janssen
Pharmaceuticals. RB ha ricevuto rimborsi dalla Novartis per la
partecipazione a conferenze. PP: nessuno dichiarato.
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